Baggiani Sabatini Ghebus Project

Questa volta in duo con un altra conoscenza del jazz italiano, il batterista Mirko Sabatini. Proseguendo coerente la propria strada, tra miti e ricerca, il trombettista-compositore Franco Baggiani si avventura nei territori free senza nostalgie, non dimenticando il calore del funky, i colori del blues, ampliandoli con l’uso dell’elettronica. Un progetto rigoroso per rivendicare non solo radici culturali ma soprattutto per sentirsi libero di esplorare oggi quelle utopie creative che risultano ancora, trascinate nella contemporaneità, fonte di stimoli e visioni. Lo affianca in questo viaggio colmo di sorprese il batterista Mirko Sabatini, artista poliedrico che frequenta da anni le realtà musicali di Stati Uniti e Canada e porta nel progetto tutte le sue esperienze garantendo non solo una pulsione costante e vitale ma arricchendo il percorso di Mechanical Visions il disco da poco uscito con guizzi imprevedibili. Nel cd risaltano referenti e richiami evidentiche rimandano al capolavoro di fine anni ’60 “Mu part 1 e 2” del duo Don Cherry/Blackwell. Di Cherry Baggiani ama l’aspetto melodico e i sapori etnici, mentre Sabatini di Blackwell esalta le poliritmie come il canto dei tamburi. To Luigi Russolo omaggia il protagonista di una vicenda breve ma significativa della storia della musica: il movimento futurista che nel 1913 teorizzò la possibilità di una musica basata, anziché sul suono determinato, sull’organizzazione di rumori. Ma Mechanical Visions è soprattutto un documento sonoro dove si comunica senza filtri voglia di sperimentare, di rischiare, di saper guardare avanti con la consapevolezza del passato. Un lavoro dove il piacere di improvvisare, di giocare con la musica in piena libertà, sprizza da tutte le tracce attraverso una estetica visionaria e rigorosa.

Il disco è pubblicato dall’etichetta Soundrecords per la distribuzione di SR e Believe.

Firefly Trio

Elias Nardi Oud (liuto arabo) Franco Baggiani (tromba ed elettronica) Emanuele Le Pera (Percussioni arabe)

Il progetto porta avanti da alcuni anni studi sul grande patrimonio musicale del mondo arabo, proponendo il repertorio arabo-ottomano classico con un approccio personale e originale. La particolare ricerca sonora dei musicisti non si limita all\’interpretazione del repertorio classico, ma trova la sua essenza nella composizione di brani originali, creando un vero e proprio ponte sonoro ideale tra Oriente e Occidente, tra jazz e musica araba, dedicando ampio spazio all’improvvisazione.
E’ prevista l\’uscita del primo album del trio nei primi mesi del 2017.

Ascolta Firefly trio

Franco Baggiani – Santur

Il progetto nasce, come molti altri di Baggiani, per cercare soluzioni nuove o “nuovistiche” all\’interno della fusione del jazz con aree musicali diverse. Questa volta Baggiani si avvale della collaborazione di Mario Leonelli dei Govinda, musicista elettronico e virtuale che su indicazione del trombettista ha disegnato una sorta di tavolozza sonora elettronica, ora di sapore etno indiano ora jungle ora house sulla quale vengono disegnate repentine volute e temi distesi di chiaro sapore ambient incorniciate in una sequenza video, sempre curata da Leonelli. Sitar, flauti indiani, tablas e un\’altra miriade di strumenti provenienti da altre culture si incontrano con lo scattante e originale fraseggio del trombettista, ora chiaro e netto, ora con echi ed elaborazioni elettroniche che riportano il suono ad una dimensione ancestrale creando una osmosi timbrica di rara bellezza. Sperimentare non significa in ogni caso astrarsi dalla realtà, infatti con Santur si può ballare con le “groove” di tendenza e scorgere le velate citazioni di L.Bowie o dei Beatles. Comporre, scomporre e ricomporre in un puzzle che riporta ad un arena della musica dove tutte le loro anime si incontrano in un risultato affascinante. Nell\’autunno 2006 esce il cd Santur, edito dalla Sound Records, giovane e coraggiosa etichetta fiorentina di musica jazz e d\’avanguardia www.soundrecords.it), frutto di un progetto che nasce nel 2002 come “Tattoo” e che in questi anni si è perfezionato.

Sound Street Band

È una delle produzioni più divertenti di Sound.

Ispirata alle Marching Bands neroamericane che si esibivano all\’inizio del secolo a New Orleans nelle occasioni più disparate, dalla parata al carnevale, la Sound Street Band ha posto accanto alla rilettura di brani legati alla tradizione del jazz, come Hello Dolly o Basin Street Blues, l\’appropriazione delle forme moderne della musica neroamericana (rhythm\’n blues, funky, etc…). La formazione si presta allo spettacolo di strada in occasione di ricorrenze e all\’animazione di qualsiasi tipo di festa che si svolga in uno spazio adeguato. L\’organico al completo comprende ottoni, clarinetti, saxofoni e percussioni. Attiva dal \’92, nel \’99 ha inciso l\’album Marchin the blues, ha partecipato a vari festival e sfilate importanti come il carnevale di Viareggio, l\’On the road Festival, la Green Fest; ha inoltre inaugurato piazze e centri commerciali in tutta Italia riscuotendo sempre un notevole successo.

Sound Orkestra

Classica Big Band composta da dodici/quattordici musicisti e nata nel \’90. All\’interno di essa vi sono passati i migliori solisti e musicisti jazz di Firenze. È diretta dal noto trombettista Franco Baggiani, interpreta un repertorio molto vasto che spazia dallo swing anni \’30-\’40 con brani come Stompin\’ at the savoy di C.Basie fino ad arrivare ad affrontare con grinta e freschezza lavori più recenti di chiara matrice più funky e “ballabile” come Watermelon man di H.Hanchok oppure Tutu di M.Miller. Molta attenzione viene pure data alla rilettura dei classici del rithm\’n\’blues come Sittin\’ on e di altri classici come Besame mucho. Ha suonato in vari festivals italiani e stranieri, in particolare al festival di Znoymo in Cecoslovacchia e recentemente a Lione, in Francia, dove ha riscosso un notevole successo.

Franco Baggiani & Pulse‏

Franco Baggiani: tromba; Marco Galardi: elettronica e batteria.
Nell\’ambito di una visione musicale contemporanea e riferita ad un sistema estetico d\’avanguardia, la performance di Franco Baggiani e Marco Galardi può esser letta come un tentativo di sperimentazione naturale e spontanea, intenzionale e “di testa”, differente ed elastica apertura ad atmosfere oblique, inusuali e cadenzate da ritmi ed effetti world di ottimo slancio percussivo. L\’album è informato ad un lirismo che concilia libertà e disciplina armonica, secondo la lezione del Miles Davis elettrico e della coreografica centralità tonale di un jazz etnico e commemorativo, rotante intorno alle interiezioni vocali medio-orientali e al vibrare hip-hop degli arrangiamenti. E\’ un momento d\’incontro fra la tradizione e l\’avvolgente pensiero delle blue notes sia nordiche che mediterranee le quali, a loro tempo, incontrarono la suggestione della “trance music”, della ripetitività acid declinata in percorsi onirici e distonici, stilisticamente notturni quale eco del “moderno” informale e minimalista. Sentito e suadente l\’omaggio a John Coltrane nel brano di chiusura, “Conversation with a love supreme”: l\’album di Trane è uno dei più importanti della storia del jazz, una suite spirituale ed un testamento verso un\’entità soprannaturale ispiratrice, una preghiera salmodiante per un movimento incontrollato dell\’anima. E\’ senz\’altro un significativo gesto di proposizione poetica: Baggiani in sound sordinato e davisiano ne evoca l\’ ambient metafisico articolato in forme ipnotiche e dissolventi in un clima “dance” lisergico. L\’incedere del gioco cromatico in profondità sintetiche ruota su misure stupefatte, attonite e futuriste, in virtù di una ricerca sonora elechtro-funk traslucida e, gradevole all\’ascolto, travolgente esodo nell\’inconscio del “dark jazz” che avverrà, di sicuro.
Recensione di Fabrizio Ciccarelli “Roma jazz”

Chorus Quintet

Il gruppo nasce da un\’idea di Andrea Coppini e di Franco Baggiani, musicisti fiorentini di formazione jazzistica, ma da tempo attivi nel campo della contaminazione stilistica. L\’idea è quella di tornare alle radici di quella contaminazione, ispirandosi nella composizione di brani originali, al periodo del soul jazz. In quel periodo alcuni musicisti di gran rilievo, già attivi in alcuni gruppi e periodi storici, quali C.Adderley, H.Silver ed H.Hancock, decisero di tingere il jazz di forti coloriture blues, sperimentando i primi tipi di contaminazione con il soul, che hanno dato il via a tutte le fusioni e contaminazioni successive fino ai giorni nostri. L\’intento del gruppo è quello di recuperare quel tipo di sound che, partendo da una concezione jazzistica di matrice squisitamente bop, si immerge nelle acque pure e primordiali del blues feeling, privilegiando una visione del jazz più istintiva ed orgiastica e rifuggendo complessità e cerebralismi. In ogni caso, pur partendo da un intento inizialmente filologico, il gruppo vuole approdare ad un\’interpretazione personale ed attuale dei concetti che furono alla base della stagione del soul jazz. È uscito per Sound Records il primo album intitolato Step one.